Nato a Locarno il 7 ottobre del 1937, si è laureato
in architettura al politecnico di Zurigo nel 1963 per abbandonare subito
la professione e dedicarsi invece a quella che fin dall’adolescenza
si era profilata come una doppia vocazione: poesia e arte visiva.
Parola e immagine, intrecciate in un dialogo silenzioso, diventano per
lui a partire dai primi anni Sessanta non solo il campo della ricerca,
ma un indirizzo di percorso. Giappone, California, Sicilia, sono le prime
tappe di un’esistenza concepita, fuori e dentro la metafora, come
viaggio. Nel solco di una generazione che riconosceva i punti di riferimento
del proprio orizzonte nella sperimentazione della beat generation americana
(Ferlinghetti, Corso, Kerouac) e delle avanguardie italiane (Adriano Spatola,
Giovanni Anceschi e Nanni Balestrini), nonché nella spiritualità
orientale, forte delle amicizie strette fin dai primi anni in Giappone
(Gary Snyder, Philip Whalen, Cid Corman) e in Italia (Giulia Niccolai,
Adriano Spatola, Lalla Romano, Fernanda Pivano ecc.), Beltrametti ha elaborato
una sua mitologia essenziale che lo ha reso
interlocutore e punto di riferimento insostituibile.
Muore in piena attività nel 1995.
Anche la casa di Riva san Vitale, dove periodicamente si fermava tra un
viaggio e l’altro, era diventata per molti un punto di riferimento,
un “luogo” della poesia. Proprio qui, presso la sede della
Fondazione a lui intitolata, sono conservati, catalogati e restituiti
quanto più possibile al circuito della discendenza poetica la biblioteca,
l’epistolario, i manoscritti di Franco Beltrametti.
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